
Monreale, 19 novembre 2016 – “Penso che sul referendum costituzionale, nella nostra città, avrebbero potuto essere tante le iniziative politiche a favore del Sì e del No.
E questo non per dividersi in fazioni, come ormai accade sui social, ma sol perché la politica tornasse a essere dibattito oggettivo, riferimento e imput di riflessione per i cittadini, su temi importantissimi. Che influenzano l’oggi e il domani, il presente e il futuro!
Sono convinto che sia giusto metterci la faccia, l’ho sempre fatto, sempre e comunque. E concordo con un mio amico, che pochissimi giorni fa ebbe a dire:”bisogna fare delle scelte, non si può stare sempre dappertutto, evitare per questioni di opportunità. La terra di mezzo è per chi naviga a vista, senza meta, attendendo di approcciare nel primo porto”.
E allora, gentile direttore, le chiedo di ospitare questa mia riflessione, certamente non giuridica perché non ho l’ardire di ergermi a costituzionalista.
Vengo al dunque, facendo prima un veloce salto nel lontano 23 marzo 2002: la manifestazione a Roma per dire no all’abolizione dell’articolo 18.
Io c’ero, con entusiasmo, al fianco di chi mi aveva (stra)convinto che l’abolizione di quell’articolo fosse incostituzionale. Ma ciò che mi aveva convinto di più a manifestare era che i lavoratori sarebbero stati licenziati senza giusta causa.
Inaccettabile, per il presente e il futuro! Quella straordinaria piazza, riuscì a fermare l’abolizione dell’articolo 18!
Che soddisfazione, che bella vittoria, quanta passione! Eravamo convinti che quella battaglia avesse salvato milioni di posti di lavoro! Che ciascuno di noi aveva dato un contributo positivo! A onore del vero, alcuni erano venuti a Roma sol perché Berlusconi era antipatico. Ma questa era l’unica cosa che mi rifiutavo di capire.
Invece, nonostante quella vittoria, la crisi si fece avanti inesorabilmente: non licenziamenti individuali, la crisi di tantissime aziende! Da noi la Fiat, l’edilizia, la Fincantieri, l’Eni di Gela, etc, etc; nel Nord Est, finanche le industrie del Veneto!
Poi da quella crisi, nonostante la battaglia vinta il 23 marzo, emerse quella che molti, per ovvie ragioni, definiscono l’antipolitica: la richiesta di ridurre i benefit e il numero dei parlamentari!
Ed ecco che siamo entrati in uno dei punti nodali: con la nuova riforma, il numero dei senatori potrebbe passare da ben 315 a 100!
Cosa c’entra, in termini di riduzione della spesa che pagano i cittadini? Basti pensare che nel 2015 il senato è costato ben 540 milioni di euro, dei quali 79 milioni 401 mila euro sono stati spesi per le indennità e accessori dei senatori! Questo dato -79 milioni e 401 mila euro- potrebbe certamente essere cancellato portando a 100 il numero dei senatori!
Ma da chi sarebbero eletti i senatori con la nuova riforma? Dai consiglieri regionali, che a loro volta hanno già ricevuto il mandato fiduciario elettivo dei cittadini. E questo, quindi, consentirebbe di evitare ancora ulteriori spese per tenere aperti i seggi, per eleggere i senatori.
A loro volta, i consiglieri regionali non percepirebbero una indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione.
Forse, per chi ha accresciuto ancora la rabbia verso la casta, questo non è il migliore di tutti i risultati possibili! Ma è certamente un importante passo, che fino a poco tempo fa si chiedeva a gran voce. E certamente rilanciare, ogni volta, non fa ottenere ciò che un istante prima è stato chiesto. O nella peggiore delle ipotesi, l’ho provato il 23 marzo 2002, ci illude di ottenere qualcosa. Ma è una illusione. Poi c’è la realtà! E’ vero che tutto è migliorabile, ma nulla giustifica il non scegliere con concretezza, decidere di non muovere un primo passo concreto, finendo che sia sempre la storia del “tutto cambia perché nulla cambi”.
O addirittura perché tutto peggiori: l’altra opzione significherebbe autorizzare la casta a rimanere così com’è, a non diminuire il numero dei senatori e a non cambiare molte di quelle cose che oggi ci fanno dire che le cose vanno male, che la politica costa tanto perché tanti sono i politici. In fondo ciò di cui la collettività ha bisogno è più politica e meno politici.
Del tutto cambi perché nulla cambi, in fondo, è una scelta che Monreale già conosce…!”
Massimiliano Lo Biondo, Coordinatore Comitato Monreale per il Sì
Cara redazione, io voterò no pur essendo dello stesso partito di Massimiliano. Non starò a dilungarmi su quello che la modifica apporta ma solo tre punti di domanda: 1 perché non si è abolito completamente il senato e passato così al monocameralismo? Perché continuare ad avere 730 parlamentari quando gli USA ne hanno solo 500 x 300 milioni di abitanti? Nella nuova costituzione il ruolo, il peso, e gli ambiti della opposizione sono lasciati ai regolamenti delle camere. E se chi ha la maggioranza decide che esse non abbiano voce in capitolo?